SIGNIFICATO DELL'INSEGNANTE E DEL TAU

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Mario Zanoletti
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SIGNIFICATO DELL'INSEGNANTE E DEL TAU

Messaggio da Mario Zanoletti » 19 ottobre 2020, 16:05

Cari Fratelli;
con questa possibilità di una discussione, per noi non virtuale, che aiuta a stabilire un "contatto" che esprime degli interessi comuni di Figliolanza.
La "Figliolanza" va intesa come consapevolezza che siamo tutti emanazione di Una Unica Matrice: Dio
Come Sua Emanazione sentiamo un profondo desiderio di un dialogo con Chi ci ha creati. Questo dialogo avviene quando ci mettiamo a disposizione. concretamente, di essere Suoi "Strumenti" di emanazione. Il termine "strumento"; lo intendo come nella PREGHIERA SEMPLICE DI S. FRANCESCO
Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:

dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.

Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.

Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poiché:

Se è: Dando, che si riceve:
Perdonando che si è perdonati;
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.

Amen.

La Comunicazione, dunque. Comunicare, communicare, mettere in comune, derivato di commune, propriamente, che compie il suo dovere con gli altri, composto di cum insieme e munis ufficio, incarico, dovere, funzione. Importantissimo è proprio quel “cum”, in italiano “con”.
Questo ci dice che la Comunicazione, inevitabilmente, implica una collettività, dunque, una Fratellanza per poter condividere le informazioni.

Il mondo di Oggi ci sta abituando sempre più proprio a questo mondo della comunicazione sterile, a nuovi strumenti che allontanano, a parole nuove che hanno – però – sempre retaggio di passato, anche perché – lo sappiamo bene – il Passato segna sempre il Presente.

Ma, andiamo a sviscerare quell’avverbio “cum”: in questo, possiamo ritrovare anche un po' della radice di altro termine “commuovere”, “cum” e “movere”: la commozione è movimento del cuore.

Comunicare è per noi che ci prestiamo ad essere "insegnanti di Dio" proprio questo: far muovere il cuore.

La base fondamentale per poter creare – da vicino, in contatto con l'Altro. – il momento di condivisione di questo "organo" misterioso che solo Gesù conosce, il cuore.

Continuando ad approfondire sempre meglio il termine “comunicazione”, potremmo trovare nuovamente l’avverbio del “cum”, come suffisso del verbo “condividere”, dividere con, dunque. E, lo sappiamo bene, condividere, è verbo “maestro” di tutta la spiritualità profonda.
Il Corso sostiene che la parola è un simbolo del simbolo e va presa in considerazione come tale, la parola lascia divide e spezza la Parola (della Verità).
Oggi anche si spezzano le parole, ma in altro modo, con diversa funzione. Proprio oggi, stiamo vivendo un momento in cui la parola viene divisa e condivisa, sempre più mezzo di manipolazione, di divisione, di conflittualità grazie ai diversi e potenti mezzi dei social e dei diversi strumenti televisivi e di carta stampata. Prole che ostentano il pensiero di chi detiene il "potere" di questo mondo, parole che l'ego sostiene con convinzione intellettiva confermando il valore del nulla aggrappandosi alla "concretezza" della vita.
Noi, come insegnanti di Dio siamo tenuti a "incidere il Tau" sulla fronte (6 chakra) di chi s'incontra nella "parola" («Passa in mezzo alla città, e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono (cfr Ezechiele 9,1-4). Il Tau è perciò segno di redenzione. È segno esteriore di quella novità di concreta vita cristica, più interiormente segnata dal Sigillo (Parola della Mente Corretta) dello Spirito Santo. Portare, nel concreto, la Parola significa vivere il perdono ed essere insegnante, colui che lascia il "segno".

Secondo il Corso: "Un insegnante di Dio è chiunque scelga di esserlo. I suoi requisiti consistono unicamente in questo: in qualche modo, da qualche parte, egli ha fatto una scelta deliberata in cui non ha visto i propri interessi separati da quelli di qualcun altro. Una volta che ha fatto ciò, la sua strada è stabilita e la sua direzione è certa (M-1.1:1-3)."


– “Quali sono le caratteristiche degli insegnanti di Dio?” –
Così le dieci caratteristiche di questi avanzati –
fiducia,
onestà,
tolleranza,
dolcezza,
gioia,
assenza di difese,
generosità,
pazienza,
fedeltà
e apertura mentale –
sono i bellissimi frutti di un processo intrapreso dagli insegnanti di Dio, termine usato nel manuale per denotare tutti gli studenti di Un corso in miracoli.
RIPROPONGO: Comune a questo processo è una caratteristica saliente: di fatto è la sola che Gesù formula come una richiesta:
Un insegnante di Dio è chiunque scelga di esserlo. I suoi requisiti consistono unicamente in questo: in qualche modo, da qualche parte, egli ha fatto una scelta deliberata in cui non ha visto i propri interessi separati da quelli di qualcun altro. Una volta che ha fatto ciò, la sua strada è stabilita e la sua direzione è certa (M-1.1:1-3).
Mario


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Re: SIGNIFICATO DELL'INSEGNANTE E DEL TAU

Messaggio da fortimaira@gmail.com » 30 ottobre 2020, 15:59

Lasciare un segno. Condivido con voi le riflessioni che sto facendo in questi giorni, dopo che ieri mi hanno comunicato che è mancata una signora che veniva in biblioteca. L'ho sentita al telefono pochi giorni fa, le portavamo i DVD perchè era quasi cieca e con la nuova situazione di emergenza riusciva a farsi portare poco in biblioteca, mi raccontava che era difficile per lei trovare persone disponibili ad accompagnarla come succedeva prima. Ecco, lei ha lasciato il Tau sulla mia fronte. In che modo? Nessun gesto eclatante, nessuna confidenza eccessiva (ci siamo date sempre del Lei). Solo la dignità con cui accettava che le leggessi le trame dei film quando passava in biblioteca, il sorriso complice quando le facevo vedere le copertine dimenticandomi che non poteva vederle. Quante gaffes ho fatto..."Vede..." "Ci vediamo la prossima volta"... E lei mi rispondeva sempre a tono, perchè in fondo lo so che lei vedeva. Ecco, in questi giorni sto ripensando all'ultima volta che l'ho sentita al telefono. E a quanto sia importante in ogni occasione comunicare con il cuore con le persone, perchè davvero una volta sarà l'ultima ed è importante essersi scambiati questo "Tau". Ogni incontro crea nuovi mondi, quando non siamo pieni di noi e possiamo lasciar scorrere l'acqua che ci è donata. Ho ricevuto tanto da questo piccolo incontro, e so che ho dato quello che era nelle mie possibilità. Forse in fondo il miracolo è anche questo, non affondare nelle acque della routine.

Mario Zanoletti
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Re: SIGNIFICATO DELL'INSEGNANTE E DEL TAU

Messaggio da Mario Zanoletti » 2 novembre 2020, 12:25

Ciao Maira.
La tua condivisione delle emozioni che hai provato e provi per la persona che "dolcemente ha messo da parte il suo corpo" è una perla per noi.
Il dolore, forse mescolato a sensi di colpa per le "gaffe", che provi per la "perdita" di un essere umano che si rivolgeva a te nei piccoli momenti della sua vita cercando di alleviare, con brani di cultura, la sua presenza in questo mondo, mondo apparentemente avverso in particolare per coloro che fisicamente sono provati.
Il sentimento di dolore rinforza l’asserzione dell’ego che la perdita e la morte sono reali e che possiamo essere – e siamo – privati dell’amore. La nostra esperienza urla che Gesù si sbaglia, che siamo stati feriti, abbandonati e lasciati da soli. Non ci viene chiesto di negare che questa è la nostra esperienza. Tuttavia questo non la rende vera.
In una vivida descrizione del mondo Gesù dice: “Il mondo che vedi è il sistema delirante di coloro che sono resi pazzi dalla colpa. … tutte le leggi che sembrano governarlo sono le leggi della morte. I bambini nascono in esso con dolore e nel dolore. La loro crescita è accompagnata dalla sofferenza e imparano la tristezza, la separazione e la morte. La loro mente sembra essere intrappolata nel cervello e i suoi poteri sembrano venir meno se i loro corpi vengono feriti. Sembra che amino, tuttavia abbandonano e sono abbandonati. Sembra che perdano ciò che amano, forse la credenza più folle di tutte. E i loro corpi appassiscono e boccheggiano, e vengono posti sotto terra e non esistono più. Nessuno di loro ha potuto fare a meno di pensare che Dio sia crudele” (T.13.in.2:2,4,5,6,7,8,9,10,11). E questo è quello che noi tutti crediamo. Non sarebbe meglio se avessimo torto?
Gesù ci ricorda che la sua vita, terminata con una morte apparente, aveva lo scopo di “insegnare che la comunicazione rimane ininterrotta anche se il corpo viene distrutto, a condizione che tu non veda il corpo come mezzo necessario alla comunicazione” (T.15.XI.7:2). Tuttavia noi continuiamo a vedere il corpo come necessario per la comunicazione e crediamo che la vera comunicazione cessi con la morte del corpo, perché vogliamo ancora vederci come un corpo. Il corpo afferma la nostra esistenza indipendente e le sue apparenti esperienze di perdita e dolore non sembrano riflettere semplicemente una scelta nelle nostre menti. L’ego non vuole che ricordiamo che la fonte di tutto il nostro dolore è il credere che siamo noi che abbiamo abbandonato l’amore e ci siamo esiliati dal Cielo. Grazie alla difesa egoica della proiezione sembra invece che queste siano cose che ci accadono contro la nostra volontà, che noi non siamo responsabili per come ci sentiamo. Così dobbiamo iniziare col riconoscere che questi sono i nostri sentimenti, ma poi dobbiamo anche avere la disponibilità a mettere in discussione che la nostra interpretazione del mondo e degli eventi della nostra vita sia corretta.

L’allontanamento dal nostro dolore e dalla nostra afflizione è un processo graduale perché abbiamo paura della illimitatezza dell’amore nel quale le nostre vite individuali, i nostri sé personali con le nostre personalità uniche non hanno significato. E così Gesù ci ricorda dolcemente sia del possibile risultato finale che del processo: “La perdita non è più perdita quando viene percepita correttamente. Il dolore è impossibile. Non c’è afflizione che abbia alcuna causa. Qualsiasi sofferenza non è altro che un sogno. Questa è la verità, che inizialmente deve solo essere detta e poi ripetuta molte volte e successivamente essere accettata come vera soltanto in parte, con molte riserve. Poi deve essere considerata sempre più seriamente e alla fine accettata come verità” (L.pII.284.1:1,2,3,4,5,6,)

Queste parole non sono semplicemente da usare come un “sacro mantra” che proclama quello che è vero per offuscare le nostre interpretazioni di natura egoica e i sentimenti di perdita e tristezza che li accompagnano. Implicito nel processo di cambiare mente è il compito necessario, ma talvolta molto destabilizzante, di guardare quello che ancora vogliamo credere e riconoscerne sia lo scopo – mantenere vive la separazione e la colpa – che il suo costo per noi – dolore e sofferenza.
E’ dal crescente riconoscimento di quello che infliggiamo a noi stessi quando accettiamo l’ego come nostro insegnante che si sviluppa la motivazione di chiedere aiuto a un Insegnante diverso. Con quell’aiuto possiamo incominciare a vedere le perdite della nostra vita in una luce diversa, rendendoci conto che in effetti possiamo scegliere cosa provare e che non siamo vittime di circostanze al di fuori del nostro controllo.
Con affetto......Mario, Giulia, Silvia

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