PUOI AIUTARMI A VEDERE CHI SONO? (Parte 5°)

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Mario Zanoletti
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PUOI AIUTARMI A VEDERE CHI SONO? (Parte 5°)

Messaggio da Mario Zanoletti » 12 novembre 2021, 19:44

PUOI AIUTARMI A VEDERE CHI SONO? (Parte 5°)
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Eccoci arrivati alla quinta e ultima parte del nostro discorso, come le precedenti ti consigliamo di rileggere l'ultima domanda della sessione 4°, questo può aiutarti a riprendere il filo del discorso. Ora sta a te prendere la chiave e aprirti al tuo Giardino interiore, dove puoi trovare il Tuo Maestro.


Interlocutore: Se ho capito bene, non devo sforzarmi di fermare il meccanismo che fa partire i falsi presupposti ma devo solo riconoscerli per quello che sono davvero, falsi presupposti che credevo erroneamente fossero veri?
Devo soltanto aspettare il prossimo trucco che mi viene giocato dal mio intelletto?
Devo ascoltare i suggerimenti della mente e capire che non sono i MIEI pensieri ma i suoi avvertimenti?

R: Si.
Vedrai che sarà più facile di quanto credessi poiché l’intelletto è piuttosto prevedibile: non fa altro che riprodurre il solito ritornello, aggiungendo qualche semplice variazione.
È come un’applicazione che proietta della pubblicità invasiva ogni 30 secondi. Per sostenersi ha bisogna di costante attenzione; ha bisogno che tu clicca sulla pubblicità mentale con una carica emotiva o sentimentale. Quando ti stancherai di utilizzare continuamente quella applicazione (il tuo intelletto) perderai spontaneamente interesse e a quel punto l’intelletto scaricherà la sua batteria.
Una volta compreso il meccanismo sottostante non verrai più colto di sorpresa.
Non ti sembrerà più di essere il colpevole, responsabile o controllore di qualsiasi cazzata.
Sarai libero dal senso dell’io, dall’ossessiva sensazione di possessività e dall’illusione del controllo.
Mentre proseguiamo ricordati che il controllo viene continuamente rivendicato, che ti piaccia o meno.
Non cercare di convincere il tuo intelletto o l’intelletto altrui del suo falso controllo. Lascia che faccia il suo gioco.
Più gli lasci fare il suo gioco, più uscirà allo scoperto.
Più uscirà allo scoperto, più sarà facile riconoscerlo.

I: Mi rincuora sapere che non devo sforzami di contrastare l’intelletto.
Significa che posso mantenere un atteggiamento tranquillo, quasi disinteressato.

R: Certamente.
L’ansia gioca a suo favore.
Non preoccuparti troppo delle reazioni fisiche.
Attendi con calma il frenetico movimento mentale.
Se può aiutarti immagina che i messaggi dell’intelletto provengano da un emittente esterno che si è momentaneamente sintonizzato con il tuo cervello.
In questo modo faciliterai il senso di estraneità nei confronti dei pensieri, i quali ti sembreranno dei prodotti prefabbricati che non ti appartengono davvero. Sembreranno della roba strana che è stata prodotta chissà dove e che poi è stata sbadatamente accumulata nella testa. Come se dei rifiuti fossero stati lasciati a casa tua e tu li avessi distrattamente considerati di tua proprietà.
L’intelletto è come un invisibile promotore finanziario che ti vuol convincere che quei rifiuti ti appartengono, che sei il responsabile, che non devi abbandonarli o smaltirli perché potrebbero fruttare, che devi pagare per loro e soprattutto devi sentirti in colpa se li gestisci male o se peggio ancora non li gestisci proprio.
È più chiaro ora il suo giochetto?

I: In pratica l’intelletto vuol farmi credere che se non riesco a gestire bene qualcosa – cioè se non ho il pieno controllo – dovrei sentirmi in colpa?

R: Già.
E quel senso di colpa (o il senso di orgoglio in caso di presunto controllo) è l’ennesima fregatura che ti porta (distrattamente) a ricominciare il circolo vizioso, tentando di amministrare, controllare e ricontrollare qualcosa che non ti riguardava fin dal principio.
Ti rendi conto dello stress, la sofferenza, il malessere che tutto ciò comporta?

I: Si, soprattutto se considero che questa condizione pietosa viene ingenuamente mantenuta per quasi tutta la vita. E di solito ce ne accorgiamo quando è troppo tardi, quando ci facciamo molto male.

R: Ora facciamo una pausa. Ci rivediamo quando chiederai altro...se vorrai chiedere.
Nel frattempo dai un’occhiata alle riflessioni di oggi.
Studia a fondo l’automatismo mentale. Nota i suoi costanti reclami. Lasciagli fare il suo gioco. Lascialo rivendicare il controllo di ogni impulso. Ricordati che non sei tu ma è lui, il suo giochino preferito. Quando ti sembra di aver pensato qualcosa (di bello o brutto) sappi che non si tratta di un tuo pensiero. È la pubblicità dell’intelletto.
Guardala la pubblicità mentale con disinteresse.
Forse rallenterà ma non si fermerà subito, tutto d’un tratto, però si modificherà la percezione globale che hai nei confronti di tutto e tutti. A te non deve interessare il flusso di pensieri ma la percezione globale.

Con questa esercitazione dovresti riuscire a prendere le distanze almeno dal senso di possessività.
Riconoscerai presto l’attribuzione impropria, l’assurdità dell’attribuirsi ogni avvenimento fortuito, la demenza del giudicare ogni gesto accidentale, la follia del voler controllare qualsiasi apparenza.
Vedrai come quel giudizio (quell’attribuzione di significato) non ha alcun fondamento, è immaginario, e in quella visione realizzerai anche tutte le altre insensatezze a cui davi sbadatamente credito.
Pian piano riconoscerai un autoinganno dopo l’altro, fino ad arrivare al totale disincanto!

Ciò che sei davvero non reagisce a ciò che non sei. Ciò che reagisce a ciò che non sei è ciò che non sei. In altre parole, ciò che reagisce a ciò che non sei è l’ego. È l’ego a reagire alle apparenze esterne. Quando ti identifichi con le reazioni psicosomatiche ti identifichi con l’ego, cioè ti identifichi con ciò che non sei.

I: E allora cosa bisognerebbe fare? Smettere di reagire?

R: No, anche lo smettere di reagire sarebbe una reazione. Tu non devi fare niente in termini di reattività. Le reazioni del corpo o le reazioni della mente non sono un tuo problema. Il guaio - apparente - è l’identificazione con tali reazioni; il guaio sorge con il credersi colui o colei che reagisce. Il problema sembra sorgere quando ti attribuisci la responsabilità di ogni reazione e quando prendi sul personale un processo impersonale.

I: Può qualcosa di impersonale appartenere a una persona?

R: No, ovviamente. Dunque, non preoccuparti delle tue reazioni. Quelle che consideri le tue buone o cattive azioni non sono davvero le tue buone o cattive azioni. Non preoccuparti di quello che dovresti fare o non fare, dire o non dire, pensare o non pensare, sentire o non sentire, percepire o non percepire. Lascia quei problemi fittizi alla mente condizionata dalla pseudo-reattività biologica. A te basta semplicemente riconoscere che NON SEI TU A REAGIRE. Ciò che sei non reagisce… semplicemente è. Ciò che invece reagisce alle apparenze è un’altra apparenza.


Grazie della tua disponibilità a parlare e del tuo ascolto. Come sempre puoi proporre, chiedere, aggiungere, farci partecipi, condividere e seminare per un RACCOLTO che NUTRA l'esistenza.
Usa la tua chiave e apri la porta affinché si possa dimorare nella pace.

(M; S; G;)

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