APPRENDIMENTO INSEGNAMENTO 6

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Mario Zanoletti
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APPRENDIMENTO INSEGNAMENTO 6

Messaggio da Mario Zanoletti » 19 settembre 2021, 17:54

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Cerchiamo ora di riassumere quanto detto fin qui:
Abbiamo visto che la definizione di “insegnante di Dio
non ha nulla a che fare con l’insegnare il corso, perché la forma evidenziata dal corpo non ha nulla a che fare con il contenuto dimostrato dalla mente (ossia con la voce o la Voce a cui si dà retta dentro la propria mente).
Questo significa che non è affatto necessario insegnare il corso per diventare insegnante di Dio: credere di doverlo fare significa confondere forma con contenuto.
E significa anche che il fatto di insegnare formalmente il corso non implica affatto che se ne stia insegnando il contenuto e che si sia insegnanti di Dio.

Abbiamo anche visto che ogni studente del corso si trova ad un punto diverso del proprio percorso di apprendimento, e non potrà non insegnarlo, perché non potrà fare a meno di dimostrarlo. Insegnandolo lo imparerà, cioè lo rafforzerà maggiormente dentro la propria mente. E se questo studente ha deciso di insegnare formalmente il corso, non potrà che insegnare in base alla comprensione parziale che ha raggiunto in quel momento.
Ma a questo punto cosa vuol dire insegnare il corso? Cercheremo di affrontare adesso questo aspetto.


INSEGNARE IL CORSO


Dato che il corso non dice assolutamente nulla a proposito del comportamento, non possiamo trovarvi alcuna indicazione relativa all’insegnare il corso. Tutte le linee guida di gestione della mente sono quindi assolutamente identiche a quelle di qualunque altro studente, indipendentemente dalla attività che svolge all’interno del sogno.
L’insegnante del corso non è speciale, non è diverso da qualunque altro studente. Solo la forma in cui impara potrebbe essere diversa da quella di un altro studente (per esempio dalla forma di un commerciante o un avvocato), ma la forma è irrilevante.

Nel capitolo 17 del Testo c’è una sezione che chiarisce l’importanza dello scopo che noi attribuiamo nella nostra mente alle cose che scegliamo di fare. E viene detto molto chiaramente che la chiarificazione dell’obiettivo appartiene all’inizio, perché è questo che determinerà il risultato (T.17.VI.2:3).
Quindi in ogni situazione la prima domanda da porsi è semplicemente
Che cosa voglio ottenere da questa cosa? Qual è il suo scopo?(T.17.VI.2:1-2)

Questa è dunque anche la prima domanda che uno studente che aspira a divenire insegnante del corso si dovrebbe porre. Ed il porsela implica un profondo processo di osservazione dei propri pensieri, per individuare le moltissime forme che lo scopo dell’ego assumerà dentro la sua mente.
L’ego è estremamente ingannevole e si maschererà in molti modi, arrivando persino ad uno dei suoi trabocchetti preferiti: travestirsi da Spirito Santo.

Se l’obiettivo dell’ego non viene portato alla luce e smascherato, più e più volte, attraverso un lungo e costante processo di osservazione e perdono, l’aspirante insegnante del corso non farà altro che dare spazio al proprio ego, e nella sua mente trasformerà il corso in una strada di rafforzamento della specialezza, instaurando una relazione speciale con il corso, con lo Spirito Santo e con Gesù.
Il risultato che raggiungerà sarà quindi quello di insegnare esattamente il contrario di quello che il corso insegna.
Ed insegnandolo lo rafforzerà dentro la sua mente, e quindi si autoconvincerà sempre di più di essere nel giusto ed avere ragione.

Lo studente che decide di insegnare il corso dovrebbe ricordarsi prima di tutto che il vero Insegnante del corso è lo Spirito Santo, e quindi dovrebbe imparare a non interferire con la teoria del corso e con le lezioni che il corso stesso propone, che traducono in un linguaggio più vicino a noi il Suo insegnamento squisitamente astratto.
C’è già un Insegnante, ed è lo Spirito Santo. C’è già un modello, ed è Gesù. (T.6.IV.9:4-6).

Il tentativo di sostituirsi allo Spirito Santo assumerà molte forme, che andranno dal sostituire al corso una propria versione speciale del corso, all’integrarne le lezioni con altri esercizi che lo studente avrà elaborato autonomamente nell’errata convinzione di “migliorarle”; dal proporre una sintesi delle lezioni a cui darà un’importanza speciale al mischiare il corso con altre strade, usandole per spiegare i passaggi del corso che gli risulteranno troppo difficili da comprendere. Tutti errori che ricadono in quella che Kenneth ha definito specialezza spirituale.

Quindi è assolutamente possibile (anzi, a dire la verità è piuttosto frequente) che – spinto dall’ego- lo studente insegni il corso proprio per rafforzare la propria specialezza, arrivando praticamente a dimostrare l’esatto contrario di quelli che sono i principi basilari del corso stesso.
A questo punto, invece di imparare a divenire una manifestazione di quelle caratteristiche che ho citato in precedenza e che sono elencate nella IV sezione del Manuale degli insegnanti, lo studente/insegnante dimostrerà ed imparerà a rafforzare in sé le tipiche manifestazioni dell’ego: per esempio l’arroganza, il senso di superiorità, l’identificazione con il corpo ed il problema d’autorità, la falsa empatia e la propria relazione speciale con il corso stesso (oltre che con gli altri studenti del corso), il bisogno di avere ragione e in generale la resistenza a comprendere ed accettare un sistema di pensiero che mette radicalmente in discussione il proprio ego.
Lo studente che insegna il corso non può dunque fare altro se non facilitarne la comprensione interferendo il meno possibile, fermo restando il fatto che la faciliterà alla luce di quanto lui stesso avrà compreso.

È proprio la costante consapevolezza dei suoi limiti quanto gli permetterà di proseguire più speditamente, disfando tutta l’arroganza dell’ego che strada facendo cercherà di insinuargli nella mente un mucchio di sciocchezze riguardo alla specialezza del ruolo che ha scelto di svolgere all’interno del sogno.
Purtroppo potrebbe anche darsi che si verifichi un’altra condizione, ossia che chi insegna il corso sia convinto di conoscerne bene la teoria, mentre la conosce solo in parte, e basi la propria convinzione sulla propria interpretazione soggettiva del libro, nell’errata convinzione che il corso sia interpretabile. E a volte potrebbe addirittura sostenere di insegnare una versione o una variante del corso che gli viene “direttamente suggerita dallo Spirito Santo dentro la sua mente”. In questi ed altri casi sta chiaramente seguendo la guida dell’ego dentro la propria mente.

La genesi di queste distorsioni si trova nei limiti alla comprensione del messaggio del corso che ho cercato di evidenziare in precedenza, dovuti alle interferenze dell’ego e alle resistenze che lo studente sperimenta man mano che procede.
Cercherò di fare qualche esempio: Una delle forme più tipiche assunte dal problema d’autorità in relazione al corso è quella di credere che il corso sia interpretabile soggettivamente.
Questo errore deriva direttamente dalla prima legge del caos, ossia dalla credenza che la verità sia diversa per ognuno di noi, e che noi – proprio come ci sembra che sia accaduto al momento della “minuscola folle idea” - possiamo contrapporre la nostra volontà alla Volontà di Dio.
La prima legge del caos è che la verità è differente per ciascuno.
Come tutti questi principi, questo sostiene che ognuno è separato e ha un differente sistema di pensiero che lo taglia fuori dagli altri (T.23.II.2:1-2).

Così, lo studente/insegnante che vuole più o meno inconsciamente affermare la propria “verità” ed autonomia può sostenere la validità della propria percezione soggettiva, dicendo di aver compreso il corso “a modo suo” e quindi di “sentire” di doverlo adattare, spiegandolo in un qualche modo speciale che si adatta meglio al suo modo di essere o alle sue doti particolari, alle sue peculiari vicende di vita o a qualche esperienza spirituale che ha vissuto nel corso della sua vita. Non ha semplicemente compreso che l’insegnamento del corso riflette l’unicità della Creazione insegnando una sola cosa, l’Espiazione, e che l’unico compito dello studente è proprio questo: accettare l’Espiazione per sé stesso accettando la sostanziale identicità di tutto il molteplice e comprendendo che non c’è gerarchia di illusioni. (T.2.V.5:1).

Il fatto che il corso venga compreso in modo diverso nelle varie fasi del proprio avanzamento spirituale dipende dal fatto che nel corso del tempo gli studenti si trovano su punti diversi della scala, e non dal fatto che il corso sia in sé passibile di interpretazioni diverse.
In altri casi lo studente non conosce affatto il corso e a volte non lo sta nemmeno studiando, ma ha fatto altre esperienze spirituali. A questo punto si imbatte nel corso e trova delle risposte o delle conferme alle sue esperienze. Questo gli fa credere di aver compreso tutto il profondo messaggio del corso e di poterlo insegnare alla luce delle sue esperienze. In questo caso non solo confonde forma con contenuto, ossia la sostanziale identicità di contenuto di tutte le strade spirituali autentiche con la loro ineluttabile differenza di forma, ma – non avendola studiata né sperimentata- trascura completamente la specifica ed unica forma che il corso adotta per disfare l’ego.

Non stai facendo uso di questo corso se insisti ad usare mezzi che sono serviti bene ad altri, trascurando ciò che è stato fatto per te. (T.18.VII.6:4)
Un altro errore tipico è il bisogno di correggere gli errori degli altri studenti. Nonostante il corso ci metta costantemente in guardia da tale errore, (L’attenzione dell’ego per gli errori degli altri ego non è il genere di attenzione che lo Spirito Santo vuole che tu mantenga. - T.9.III.1:1)
esso sembra esercitare un enorme fascino su tutti noi, per la semplice ragione che il tentativo di correggere gli errori degli altri ci esenta dal duro lavoro di guardare gli stessi identici errori dentro la nostra mente. In base alla mia esperienza questo errore è particolarmente frequente all’interno dei gruppi di studio, e può giungere fino al punto di trasformarli in veri e propri campi di battaglia.

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