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Messaggio da fortimaira@gmail.com » 14 ottobre 2022, 0:47

Abbiamo terminato la lezione del Corso e voglio condividere la sensazione che mi ha attraversata come un'onda per tutta la serata.

E' come se ogni istante della mia vita, passata e futura, avesse come scopo essere qui in questo momento. Come se ogni piccola esperienza convergesse in questo unico punto senza dimensioni, in una carezza dal sapore di infinito.

Nella mitologia familiare si racconta che quando ero piccola mio nonno mi tenesse al suo fianco allo scrittoio leggendomi la Divina Commedia. Non ho ricordi di quelle letture, se non un libro sgualcito dall'uso, ma è come se un filo dorato cucisse insieme le esperienze della mia vita partendo da lì o da oltre. Il nonno era un uomo di poche parole, cesellate e meditate. Un poeta che mi parlava con la sua lingua, trasmettendomi una mappa i cui simboli misteriosi avrei scoperto solo vivendo.

Verso la fine della lezione di stasera mi sono accorta che oggi è/sarebbe il compleanno del nonno. Mario, magia dei nomi.

Ho incontrato nuovamente Dante solo a scuola, dove le terzine si incidevano nella mente senza fatica, e poi all'università, quando potevo parafrasare e commentare ogni singolo verso con semplicità.
Non ho più ragionato sul testo, ma talvolta di fronte agli eventi emergono in me suggestioni e immagini dantesche universali. Archetipiche. La mappa si disvela nel muovere i passi.
Oggi, proprio oggi, ritorna potente la forza della Commedia. Se in me è contenuta l'umanità, non posso che immergermi in ciò che è umano, nell'Inferno che si riflette in me in questi tempi in cui l'uomo è lupo per l'uomo. Nel viaggio l'importante è non restare ignavi, ma guardarsi dentro e fuori per non smarrire la via. Se sta nascendo una nuova visione nell'umanità, non posso che essere gravida e partecipe a questo parto.

"Non ti curar di loro ma guarda e passa". Non caricarti del peso del (tuo) peccato, guarda con sincerità attraverso di esso e scoprirai che puoi passare attraverso la sua inconsistenza di fantasma. Le "disperate strida" dei sensi di colpa cercano di immobilizzare l'anima, di far perdere il sentiero. Virgilio, guida-Daimon, conosce la meta e ci guida senza esitazione attraverso le pene dell'Inferno.

Tutte le false certezze sono crollate in questi ultimi anni. Nel libro sgualcito c'è l'articolo di un vecchio giornale che parla dei Lavini di Marco, citati da Dante. Trovarlo in questo momento è come aprire una capsula del tempo con un messaggio per me.
Partiamo dunque da ciò che è franato, per cercare di raggiungere l’oltre profondo che ancora si intravvede:
“Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,
che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse:
cotal di quel burrato era la scesa.”
(INFERNO, CANTO XII)
La strada è lì, è solo necessario rimuovere dal pensiero i massi che la ostruiscono, i condizionamenti, i segreti, i rancori che hanno attraversato le generazioni. Nulla di tutto questo mi riguarda, eppure tutto è in me come rappresentazione. Sono frutto dell'albero, sono albero che dà frutto. Potenza e atto. Forma e materia.

Scelgo di vivere questo istante caleidoscopico in cui si riflettono universi che giocano la Vita. Una vertigine mi coglie, percepisco i mondi oltre la siepe di questo tempo limitato e mi affaccio su infinite possibilità. Quale bivio sceglierò per arrivare alla meta? Tutti e nessuno. La meta è in me, un tesoro nascosto nella luce dell'umanità.

Sia gratitudine alla sincronicità, sorriso dell'Universo.

"E quindi uscimmo a riveder le stelle."
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