desiderio di condividere... di raccontarmi forse... non lo so'...

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SABRINA T.
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desiderio di condividere... di raccontarmi forse... non lo so'...

Messaggio da SABRINA T. » 22 marzo 2021, 12:38

Non ho idea che titolo inserire quindi lo farò alla fine ... l'unica parola che mi viene al momento è CAOS !
Caos, confusione, disordine.... e seppur queste non sono di certo le condizioni ottimali per far fiorire qualcosa che POSSA ESSERE DI AIUTO... però in questo mio preciso caso, dove sto cercando di portare un messaggio che nemmeno io conosco, possono in qualche modo essere il punto di partenza, quanto meno sarà una sperimentazione
Ho cercato inizialmente di trovare spazio per questa condivisione partendo da argomenti già iniziati, ho letto la condivisione di Fernanda, ho letto seppur velocemente altri post e in tutti ho trovato spunti da cui partire... e dopo un'ora o poco più che sono qui nel forum a girovagare cercando di trovare un posticino dove fermarmi e lasciare il mio contributo, decido di iniziarne uno da me... e al momento non ho nemmeno un titolo.... sono bombardata da pensieri, immagini, frasi... che in teoria sarei chiamata a trasformare in qualcosa di leggibile e comprensibile
credo di voler cominciare con la parola che in questi giorni è stata protagonista più che mai dei miei giorni LA PAURA... mi spiego meglio: in questi giorni ho riflettuto molto , ho dedicato spazio a riflessioni mie ... non so se sono state la conseguenza di un episodio che ho vissuto e che sicuramente mi ha lasciato il segno, anzi lo sono e come. LE PAURE INCONSCE .... concetto che è impresso nella mia mente da tempo, come conoscenza, come concetto che ho sentito di accogliere senza sentire particolari resistenze.... concetto che per me è sempre stato una sorta di incognita .... e sostanzialmente era per me un argomento sicuramente che non riuscivo a fare mio se non con il pensiero logico razionale e niente di più. 2 settimane fa ho iniziato a fare della ginnastica posturale, la signora mi fa stendere a pancia in giu, mi fa incrociare le braccia in modo che si formi un rettangolo sopra la mia testa, poi lei in piedi inizia a sollevarmi prendendomi i gomiti, la mia schiena inizia ad alzarsi e incurvarsi, la signora continua a sollevare e a un certo punto arrivo a un punto di incurvatura che credo di non aver mai raggiunto nella mia vita adulta e li all'improvviso HO INIZIATO A SENTIRE PANICO CHE SI E' TRASFORMATO IN PURO TERRORE, ricordo di aver provato a resistere ma a certo punto ho urlato di rimettermi a terra, ho iniziato a piangere e tremare come una foglia, ancora adesso non capisco cosa sia accaduto, ma qualcosa è decisamente ACCADUTO al punto che sento tremore mentre scrivo e rivivo quegli istanti. Ero li che stavo facendo un'attività che mi piaceva e nel giro di pochi istanti mi sono trovata a provare istanti di puro terrore. QUESTO EPISODIO NON LO POSSO IGNORARE e "finalmente" sono stata TOCCATA. Da qui ho anche potuto comprendere un'altra mia grande paura: la paura di parlare, di esprimermi, , nell'istante in cui sento il bisogno di condividere qualcosa e sto per farlo ecco che mi assale questa " sensazione" quasi di paralisi che spesso mi impedisce di far arrivare la mia voce, e ho notato che questa mia modalità è presente sostanzialmente DA SEMPRE, dalle elementari, medie, superiori..... e la sto notando ancora di più osservando mia figlia con la Didattica a Distanza.... lei interviene sempre, con tanta spontaneità e tanta naturalezza, e nel caso in cui l'insegnante non la sente, lei continua a chiamarla fino a quando l'insegnante non le da la parola. io questo lo trovo straordinario. io ,a volte al corso in miracoli, provo ad intervenire ( a fatica ) ma se c'è qualche altro intervento, mollo la presa.. difficilmente riprovo. sono attimi di coraggio per me, per me intervenire non è per nulla spontaneo ne naturale, le volte che ho condiviso in questi anni a scuola o durante il periodo covid, o lo facevo perchè avevo proprio bisogno di condividere ( o anche espellere) turbamenti particolari, oppure è comunque per me ogni volta UNA PROVA DI CORAGGIO, e capisco che potrebbe sembrare una paura "sciocca" ... ma ora più che mai capisco quanto è grande per me, ( e forse è anche da qui l'origine della mia tiroidite autoimmune ) come del resto la paura di guidare in autostrada. a volte quando lo dico la gente mi guarda come se fossi una rincoglionita, eppure appena mi immagino al casello io provo il panico. Ora... mi sto osservando molto in tal senso, e sto dando al concetto di PAURA un valore maggiore, che credo di aver un po' sottovalutato, guardato con un po' di distacco e forse anche sufficienza.... non ho voluto descrivere come sto vivendo il corso adesso perchè avrei espresso un giudizio negativo nei confronti di me stessa e non lo voglio fare, al momento sto vivendo il corso A MODO MIO, mettiamola così... il che significa che al momento non sto facendo gli esercizi, mi porto il libro nel letto, a volte lo apro e leggo delle pagine casuali, soprattutto quando chiedo aiuto ... ogni tanto mi ascolto degli audio books .... diciamo che il corso è presente in me ogni giorno ... questo lo posso dire e alcune sue idee credo stiano facendo l'effetto corretto.... esempio: Anna mia figlia ha fatto la cresima, durante la messa, mentre ero seduta in un angolo che mi era stato assegnato... due sono stati i momenti in cui mi sono sentita RICHIAMATA ALL'ATTENZIONE perché durante la funzione la mia mente era altrove, ricordo il sussulto che ho provato nel sentire PER MIA COLPA MIA COLPA MIA GRANDISSIMA COLPA.... e SIGNORE NON SONO DEGNO DI PARTECIPARE ALLA TUA MENSA... quelle parole mi hanno fatto vibrare forte e sentivo CHE non mi appartenevano, ricordo che mi sono anche detta: PERCHE' NON SONO DEGNA DI PARTECIPARE ALLA TUA MENSA? perchè ? vorrei capire il motivo... e il motivo NON ESISTEVA, cosi io donna con due divorzi, che non va a messa da anni ha scelto improvvisamente, come AZIONE SIMBOLICA di fare la comunione, così l'ho fatta e mi sono fatta una chiacchierata con Dio che solitamente in quel luogo aveva nella mia mente le sembianze di uomo con la barba lunga ... e ora diciamo .. magari non sempre... però non ha più una forma. Credo anche di aver sperimentato un attacco dell'ego, questo a luglio quando ero molto più immersa nel corso, e stavo facendo gli esercizi con regolarità e profonda partecipazione .. ho già tentato di condividere questa mia esperienza ma non ci sono ancora riuscita, ad oggi intendo. Ora per esempio ... mi assale quel sentimento di inadeguatezza ... questo corso in miracoli sta offrendo tantissimi contenuti da assaporare a casa e io non li sto " usando ".. e sono strumenti preziosi, questo ha più a che fare con il mio disordine, incapacità di gestire il tempo in maniera produttiva o intelligente... disordine che tocca la mia vita lavorativa, a casa..... MA .....se un tempo mi assaliva l'ansia e mi si appannava la vista.... ora riesco a guardando in tutta la sua magnificenza e grandezza.... e mi rispondo che la strada per risolverlo esiste, e come che esiste ... e la bellezza di questa affermazione è che non è che la sento vera solo come pensiero, ma è una vibrazione che invade anche il mio corpo e la sento soprattutto negli occhi. Sabrina" usa questa nuova energia e mettiti al lavoro! " :)

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gabriele
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Re: desiderio di condividere... di raccontarmi forse... non lo so'...

Messaggio da gabriele » 23 marzo 2021, 0:09

Che dire,
continua cosi che sei sulla giusta VIA

fortimaira@gmail.com
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Re: desiderio di condividere... di raccontarmi forse... non lo so'...

Messaggio da fortimaira@gmail.com » 23 marzo 2021, 16:42

Grazie Sabrina per tutta questa intensità. Ti regalo due lacrime di partecipazione. E, se vorrai, quando riuscirò a scendere a Brescia vorrei accompagnarti a fare un giro in autostrada. Perchè le cose che da soli sembrano insormontabili, con una persona seduta a fianco a volte diventano più semplici. Quando ero piccola prima di entrare in autostrada rompevo le scatole a tutti dal mio sedile dietro: schiaccio io il bottone, schiaccio io il bottone. Ancora oggi, ogni volta che entro in autostrada penso che sia una vacanza e che il bottone rosso ne segni l'inizio. Ti lascerò schiacciarlo, questa volta. Un onore, credimi. Possiamo regalarci una piccola vacanza, un tempo sospeso tra casello e casello. Al sicuro. Guidati da chi in ogni istante si siede alla nostra mensa con una battuta pronta per farci sorridere. E che innocente come noi starà seduto sul sedile dietro a chiedere di cambiare canzone sull'autoradio, che i Maneskin non gli piacciono. Perchè zitti e buoni ci stiano gli altri! Un abbraccio e ancora grazie per esserti donata così.

Mario Zanoletti
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Re: desiderio di condividere... di raccontarmi forse... non lo so'...

Messaggio da Mario Zanoletti » 3 aprile 2021, 19:37

Grazie Sabrina.............Chissà se la paura è una questione irrisolvibile.....??? Questa proposta di lettura (apparentemente lunga) contiene la risposta e con essa la soluzione..,.se si vuole la soluzione..........

Qual è il vostro interesse fondamentale, costante nella vita?
Evitando ogni risposta obliqua e affrontando la domanda direttamente e onestamente, che cosa rispondereste? Lo sapete?
Il vostro interesse non siete forse voi stessi? In ogni modo è così che risponderebbe la maggior parte di noi, se rispondesse sinceramente.
Mi interessano i miei progressi, il mio lavoro, la mia famiglia, il cantuccio in cui vivo, ottenere una migliore posizione, più prestigio, più potere,
maggiore dominio sugli altri e così via. Penso che sarebbe logico ammettere di fronte a noi stessi che questo è ciò che interessa innanzi
tutto la maggior parte di noi: “me stesso”, non è vero?
Alcuni di noi direbbero che è sbagliato essere interessati innanzi tutto a se stessi.
Ma cosa c’è di sbagliato, se non il fatto che raramente lo ammettiamo con onestà? Se lo facciamo, ce ne vergogniamo. Così stanno le cose. Si è interessati fondamentalmente a se stessi e, per varie ragioni, ideologiche o di tradizione, si pensa che ciò sia sbagliato. Ma quello che uno pensa è irrilevante. Perché introdurre il giudizio che è sbagliato?

Questa è un’idea, un concetto. Il dato di fatto è che si è fondamentalmente interessati a se stessi.
Potete dire che dà più soddisfazione aiutare gli altri che pensare a se stessi.
Qual è la differenza? Riguarda ancora noi stessi.
Se aiutare gli altri vi dà maggiore soddisfazione, siete comunque interessati a ciò che vi darà maggiore soddisfazione.
Perché vedervi qualche motivazione ideologica? Perché questo modo doppio di pensare? Perché non dire: “Ciò che voglio veramente è soddisfazione, che sia nel sesso, nell’aiutare gli altri, o nel diventare un grande santo, uno scienziato o un uomo politico”? È sempre lo stesso processo, non è vero? Soddisfazione è ciò che vogliamo in qualsiasi forma, sottile o manifesta.
Quando diciamo che vogliamo la libertà, la vogliamo perché pensiamo che possa costituire una soddisfazione meravigliosa, e la soddisfazione ultima è naturalmente questa particolare idea di realizzazione di sé. Ciò che stiamo veramente
cercando è una soddisfazione nella quale non ci sia alcun motivo di scontento.

La maggior parte di noi desidera la soddisfazione di avere una posizione nella società, perché abbiamo paura di non essere nessuno.

La società è costruita in modo tale che un cittadino che abbia una posizione di rispetto è trattato con grande cortesia, mentre un uomo che non ha
posizione viene scacciato. Ognuno nel mondo vuole una posizione, che sia nella società, nella famiglia o alla destra di Dio, e questa posizione
deve essere riconosciuta dagli altri, altrimenti non è affatto una posizione. Dobbiamo sempre stare su un piedistallo. Interiormente siamo
un vortice di infelicità e cattiveria, e perciò essere considerati esternamente come grandi figure è molto gratificante. Questa brama di
posizione, potere e prestigio, di essere riconosciuti dalla società come personalità di rilievo in qualche campo, è un desiderio di dominare gli
altri, e questo desiderio di dominio è una forma di aggressività. Il santo che cerca una posizione riguardo alla sua santità è aggressivo tanto
quanto il pollo che becca nel pollaio. E qual è la causa di questa aggressività? È la paura, non vi pare?
La paura è uno dei più grossi problemi della vita. Una mente che è preda della paura vive nella confusione, nel conflitto, e perciò non può
non essere violenta, distorta, aggressiva. Non osa discostarsi dai propri schemi di pensiero e ciò provoca ipocrisia. Sino a quando non saremo
liberi dall’ipocrisia, potremo scalare la più alta montagna, inventare ogni sorta di Dio, ma rimarremo nell’oscurità.
Vivendo in una società corrotta e stupida come la nostra, con l’educazione competitiva che riceviamo, che genera paura, siamo tutti
oppressi da paure di ogni genere e la paura è qualcosa di terribile che sconvolge, distorce e offusca i nostri giorni.

C’è una paura fisica, ma questa è una reazione che abbiamo ereditato dagli animali. Sono le paure psicologiche quelle di cui ci
occupiamo qui. Quando capiremo le paure psicologiche profondamente radicate, saremo in grado di affrontare le paure animali, mentre
occuparci innanzi tutto delle paure animali non ci sarebbe di alcun aiuto per comprendere le paure psicologiche.
Abbiamo tutti paura di qualcosa; non esiste la paura in astratto, la paura è sempre in relazione con qualcosa. Conoscete le vostre personali
paure? La paura di perdere il lavoro, di non avere abbastanza cibo o soldi o di cosa pensa di voi il vicino o il pubblico, o di non essere di successo, o
di perdere la vostra posizione nella società, o di essere disprezzati o ridicoli – la paura del dolore e della malattia, di essere dominati, di non
arrivare a sapere mai cos’è l’amore o di non essere amati, di perdere vostra moglie o i vostri figli, della morte, o di vivere in un mondo che è
come la morte, della notte assoluta, di venire meno all’immagine che gli altri si sono creata di voi, di perdere la fede – tutte queste e innumerevoli
altre paure – conoscete le vostre personali, particolari paure? E cosa fate di solito? Fuggite e vi create idee o immagini che le nascondano? Ma
fuggire di fronte alla paura la aumenta soltanto.
Uno dei maggiori motivi di paura è che non vogliamo trovarci a faccia a faccia con noi stessi così come siamo. Dunque, tanto quanto le
paure stesse, dobbiamo esaminare la rete di fughe che abbiamo sviluppato per liberarcene. Se la mente, in cui è incluso il cervello, cerca
di superare la paura, di reprimerla, di disciplinarla, di controllarla, di tradurla nei termini di qualcos’altro, c’è un attrito, un conflitto e il
conflitto è uno spreco di energia.
La prima cosa che ci dobbiamo domandare allora è cos’è la paura e come sorge. Cosa intendiamo con la parola stessa “paura”. Mi sto
domandando che cos’è la paura, non di cosa ho paura.
Conduco un certo tipo di vita; penso secondo certi schemi; ho certe credenze e certi dogmi e non voglio che questi schemi vengano turbati,
perché in essi ho le mie radici. Non voglio che vengano turbati perché i turbamenti producono uno stato di ignoranza che io non gradisco. Se
vengo strappato a tutto ciò che conosco e in cui credo, voglio essere ragionevolmente sicuro dello stato di cose a cui vado incontro. Così, le
cellule cerebrali hanno creato uno schema e quelle cellule cerebrali si rifiutano di creare un altro schema, che potrebbe essere incerto. Il
movimento dalla certezza all’incertezza è ciò che chiamo paura.
Ora che siedo qui, non ho paura; non ho paura nel momento presente, niente mi sta accadendo, nessuno mi sta minacciando o mi sta
portando via qualcosa. Ma al di là del momento presente c’è uno strato più profondo della mente che inconsciamente o consciamente sta
pensando a cosa potrebbe accadere nel futuro o si sta preoccupando che qualcosa del passato possa raggiungermi. Dunque, ho paura del passato
e del futuro. Ho diviso il tempo in passato e futuro. Il pensiero interviene, dice: “Attenzione che non capiti di nuovo”, oppure: “Preparati al futuro. Il futuro può essere pericoloso. Adesso hai qualcosa, ma potresti perderlo.
Domani potresti morire, tua moglie potrebbe lasciarti, potresti perdere il
lavoro. Potresti non diventare mai famoso. Potresti rimanere solo. Tu vuoi essere assolutamente sicuro del tuo domani”.
Ora, considerate la vostra particolare forma di paura. Guardatela.
Osservate le vostre reazioni. Potete guardarla senza ricorrere alla fuga, senza tentare di giustificarla, condannarla o reprimerla? Potete guardare
quella paura senza la parola che ne è la causa? Potete guardare la morte, per esempio, senza la parola che ne fa sorgere la paura? La parola stessa
provoca un brivido, non è vero? Allo stesso modo la parola amore ha il suo proprio brivido, la sua propria immagine. E l’immagine della morte
che avete in mente, la memoria di così tante morti che avete visto e con cui vi identificate, è quell’immagine che genera paura? Oppure avete
effettivamente paura della fine e non della sua immagine? È la parola morte che vi spaventa o la fine vera e propria? Se è la parola o il ricordo
che provoca in voi la paura, allora non si tratta affatto di paura.

Diciamo che due anni fa siete stati malati, e il ricordo di quel dolore, di quella malattia rimane e la memoria in funzione dice: “Stai
attento a non ammalarti di nuovo”. Così la memoria con le sue associazioni crea la paura, ma quella non è affatto paura, perché al
momento voi godete di ottima salute. Il pensiero, che è sempre vecchio –perché il pensiero è la reazione della memoria e i ricordi sono sempre
vecchi – il pensiero crea nel tempo il sentimento che siete spaventati, che non è un fatto reale. Il fatto reale è che state bene. Ma l’esperienza, che
è rimasta nella mente come ricordo, fa sorgere il pensiero: “Stai attento a non ammalarti di nuovo”.

Vediamo così che il pensiero genera una forma di paura. Ma se non c’è quella paura, non c’è affatto paura? La paura è sempre il risultato del
pensiero e, se è così, c’è qualche altra forma di paura? Noi abbiamo paura della morte – cioè di qualcosa che accadrà domani o dopodomani,
nel tempo. C’è una differenza tra le condizioni reali e quello che sarà. Il pensiero ha esperienza di questo stato; quando osserva la morte dice:
“Morirò”. Il pensiero crea la paura della morte, ma, se non lo facesse, non ci sarebbe nessuna paura?

La paura è il risultato del pensiero?
Se lo è, poiché il pensiero è sempre vecchio, la paura è sempre vecchia. Come abbiamo detto, non c’è
nessun pensiero nuovo. Se noi lo riconosciamo, è già vecchio. Quindi, ciò di cui abbiamo paura è la ripetizione del vecchio – il pensiero di ciò che è
stato nel passato che viene proiettato nel futuro. Perciò, il pensiero è responsabile della paura. È così, lo potete vedere da voi. Quando
affrontate qualcosa nell’immediato non avete paura. È soltanto quando interviene il pensiero che nasce la paura.
Perciò, la nostra domanda ora è: è possibile alla mente vivere per intero, del tutto, nel presente? Soltanto una mente simile non ha paura.

Ma per capirlo dovete comprendere la struttura del pensiero, della memoria e del tempo. Una volta che l’avrete compresa, non
intellettualmente, non a parole, ma concretamente, con il vostro cuore, la vostra mente, con tutti voi stessi, sarete liberi dalla paura; allora la
mente potrà servirsi del pensiero senza creare paura.
Naturalmente il pensiero, così come la memoria, è necessario nella vita quotidiana. È il solo strumento che abbiamo per comunicare, per fare
il nostro lavoro, e così via. Il pensiero è la reazione alla memoria, memoria che è stata accumulata con l’esperienza, la conoscenza, le
tradizioni e il tempo. E a questo retroterra di memoria noi reagiamo, e questa reazione è il pensiero. Quindi, il pensiero è essenziale a certi
livelli, ma quando il pensiero si proietta da un punto di vista psicologico come futuro e come passato, destando tanto paura quanto piacere,
ottunde la mente e quindi l’inattività è inevitabile.
Allora mi domando: “Perché, perché, perché penso al futuro e al passato in termini di piacere e dolore, sapendo che un pensiero simile
crea paura? È impossibile per il pensiero fermarsi psicologicamente?
Perché altrimenti la paura non finirà mai”.
Una delle funzioni del pensiero è quella di essere occupato in ogni momento con qualcosa. La maggior parte di noi vuole avere la mente
continuamente occupata per evitare di vedersi come realmente è.
Abbiamo paura di essere vuoti. Abbiamo paura di guardare le nostre paure.

A livello conscio potete essere consapevoli delle vostre paure, ma lo siete ai livelli più profondi della vostra mente? E come farete a scoprire le
vostre paure segrete, nascoste? Questa è una domanda molto importante. Gli specialisti, gli psicologi e gli analisti hanno diviso la paura
in uno strato profondo e in uno superficiale, ma se seguite quanto dicono gli psicologi o quanto dico io, comprenderete le nostre teorie, i nostri
dogmi, le nostre conoscenze, non voi stessi. Voi non potete capire voi stessi secondo Freud, Jung o me. Le teorie delle altre persone non hanno
importanza, quali che esse siano. È a voi stessi che dovete porre la domanda se la paura debba essere divisa in conscia e inconscia. Oppure
c’è soltanto una paura che voi traducete in diverse forme? c’è soltanto un desiderio, c’è soltanto il desiderio. Voi desiderate. L’oggetto del desiderio
cambia, ma il desiderio è sempre lo stesso. Così, forse, allo stesso modo, c’è soltanto la paura.

Voi siete spaventati da ogni sorta di cose, ma c’è soltanto una paura.
Quando vi renderete conto che la paura non può essere divisa, vedrete che avrete completamente eliminato il problema del subconscio e
quindi sarete sfuggiti agli analisti e agli psicologi. Quando capirete che la paura è un singolo movimento che si esprime in modi differenti, e quando
vedrete il movimento e non gli oggetti verso i quali il movimento si dirige, allora vi troverete a faccia a faccia con un problema immenso: come
guardarlo senza le frammentazioni che la mente ha coltivato.
C’è solo la paura come un tutto indivisibile, ma in che modo la mente, che pensa per frammenti, può osservare questa immagine nella
sua totalità? Può farlo? Abbiamo vissuto una vita frammentata e siamo in grado di guardare la paura nella sua totalità soltanto tramite il processo
frammentario del pensiero. Tutto il processo del pensiero consiste nel ridurre ogni cosa in frammenti: ti amo e ti odio; tu sei mio nemico, tu sei
mio amico; le mie particolari idiosincrasie e inclinazioni, il mio lavoro, la mia posizione, il mio prestigio, mia moglie, mio figlio, il mio paese e il tuo
paese, il mio Dio e il tuo Dio; questi sono tutti frammenti del pensiero.
E questo pensiero guarda allo stato totale della paura, o tenta di guardarlo e lo riduce in frammenti. Ci accorgiamo quindi che la mente può guardare la paura nella sua totalità soltanto quando non c’è alcun movimento del pensiero.
Potete osservare la paura senza trarre conclusioni, senza le interferenze della conoscenza che avete accumulato? Se non potete,
allora ciò che state osservando è il passato, non la paura; se invece potete, allora state osservando per la prima volta la paura senza che il
passato interferisca.

Potete osservare soltanto quando la mente è molto calma, così come non potete ascoltare ciò che qualcuno sta dicendo se la vostra
mente sta chiacchierando con se stessa, sta portando avanti un dialogo con se stessa sulle sue personali ansie e sui suoi problemi. Allo stesso
modo, riuscite a guardare la vostra paura senza tentare di risolverla, senza rivoltarla nel suo opposto, il coraggio? Potete guardarla
concretamente e senza tentare di fuggire? Quando dite: “Devo controllarla, devo liberarmene, devo capirla”, state tentando di sfuggirla.
Riuscite a osservare una nuvola o un albero o lo scorrere di un fiume con una mente completamente tranquilla, grazie al fatto che
queste cose non sono molto importanti per voi, ma osservare voi stessi è di gran lunga più difficile perché qui le esigenze sono così reali, le
reazioni così veloci. Dunque, quando siete direttamente in contatto con la paura o con la disperazione, con la solitudine o con la gelosia, o con
qualsiasi altro spiacevole stato mentale, riuscite a osservarlo per intero, con la mente calma così da poterlo vedere?

Può la mente percepire la paura e non le differenti forme di paura, percepire la paura nella sua totalità, non ciò di cui siete spaventati? Se
guardate soltanto i dettagli della paura o tentate di occuparvi delle vostre paure una alla volta, non arriverete mai al problema centrale, che è
imparare a vivere con la paura.
Vivere con una cosa viva come la paura richiede una mente e un cuore straordinariamente acuti, che non traggano alcuna conclusione e
possano perciò seguire ogni movimento della paura. Allora, se voi la osservate e ci vivete insieme – e non occorre un giorno intero, può
bastare un minuto o un secondo per conoscere interamente la natura della paura – se voi ci vivete insieme in modo così completo,
inevitabilmente vi chiederete: “Chi è l’entità che vive con la paura? Chi è che osserva la paura, spiando tutti i movimenti delle sue varie forme
insieme con la consapevolezza della sua matrice? L’osservatore è un’entità morta, un essere statico, che ha accumulato molte conoscenze
e informazioni su se stesso, ed è questa cosa morta che sta osservando e vivendo con il movimento della paura?”. Non rispondete a me, rispondete
a voi stessi. Voi, gli osservatori, siete un’entità morta che osserva una cosa viva oppure siete una cosa viva che osserva una cosa viva? Poiché
nell’osservatore i due stati coesistono.

L’osservatore è il censore che non vuole la paura; l’osservatore è la totalità di tutte le sue esperienze di paura. Quindi, l’osservatore è
separato dalla cosa che chiama paura; c’è uno spazio tra loro; egli cerca sempre di superarla o di sfuggirla, e di qui la costante battaglia tra lui e
la paura, una battaglia che è un enorme spreco di energia.
Appena osservate, imparate che l’osservatore è per lo più un fascio di idee e ricordi senza validità né sostanza. Imparate che la paura è una
realtà, e che voi state tentando di capire un fatto con un’astrazione, cosa che, naturalmente, non potete fare. Ma l’osservatore che dice: “Io ho
paura” è davvero separato in qualche modo dalla cosa osservata, che è la paura? L’osservatore è la paura e quando questo viene compreso non c’è
più dispersione di energie nello sforzo di liberarsi dalla paura, e il tempo-spazio tra l’osservatore e l’osservato scompare. Quando riconoscete che
siete parte della paura, che non ne siete separati, che voi siete paura, allora non potete farci niente; allora la paura finisce del tutto.

Cara Sabrina...trovare la pace implica TOGLIERE TUTTO Ciò CHE LA COPRE.

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