PAURA DELLA LIBERTA'

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Mario Zanoletti
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PAURA DELLA LIBERTA'

Messaggio da Mario Zanoletti » 9 novembre 2021, 17:00

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L’uomo crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni e le decisioni comportano rischi. E poi quali sono i criteri su cui può basare le sue decisioni? L’uomo è abituato che gli si dica cosa deve pensare anche se gli si dice che deve essere veramente convinto di ciò che pensa. Ma l’uomo sa che questo è un trucco, perché ci si aspettano da lui cose ben determinate. Ciò dipende dalla situazione sociale. Deve cioè pensare ciò che è più utile al funzionamento della società esistente, non deve pensare ciò che può essere dannoso o che crea troppe frizioni. Certo, deve poter fare un po’ di critica affinché non pensi che non abbia critiche da fare, ma ciò deve essere limitato, in modo che non sia sabbia negli ingranaggi.

Per questo che l’uomo vuole sottomettersi all’autorità?
Si, perché ha paura della libertà. Perché deve decidere lui stesso e ciò comporta dei rischi, può danneggiarsi, perché deve assumersi tutta la responsabilità. Se invece si sottomette ad una autorità allora può sperare che l’autorità gli dica ciò che è giusto fare. E ciò vale tanto più se c’è un’unica autorità, come è spesso il caso, che decide per tutta la società ciò che è utile e ciò che è nocivo.

Le difficoltà che incontra l’uomo nel realizzarsi dipendono solo da lui o anche dalla società?
La società non lo vuole. Scopo della società odierna non è di realizzare l’uomo; scopo della società è il profitto del capitale investito e se si vuole aggiungere, anche il raggiungimento di condizioni più favorevoli all’uomo, semmai meno sfavorevoli. Ma scopo della società contemporanea non è l’uomo, è invece il profitto, non inteso come avidità ma nel senso della massima economicità del sistema. Il profitto non è come una colta, soprattutto l’espressione di uomini avidi, che cioè vogliono guadagnare il più possibile, ma ve ne sono molti anche oggi, la cosa più importante è che il profitto rappresenta il metro del comportamento razionale e giusto.
Il manager che ha ottenuto un profitto dimostra con ciò di aver lavorato razionalmente e tanto più alto è il profitto, tanto migliore, tanto più giusto, tanto più razionale è stata la sua attività.

Ciò mi fa pensare anche alla razionalità burocratica, una caratteristica della nostra organizzazione sociale.
È uno dei mali più gravi per la vita dell’uomo. Il fenomeno burocratico significa infatti che una classe professionale ben precisa si assume il compito di amministrare e regolare i pensieri degli altri. Per finire, i burocrati diventano i veri potenti, i dirigenti della società.
Ma cosa li legittima? Quali capacità hanno se non l’ottusità, se non l’incapacità di essere vivi, se non la tendenza a incasellare, se non a voler fare sempre le stesse cose?
Hanno paura del nuovo, del fresco, dell’avventura, di tutto ciò che rende la vita interessante.

Quali sono allora i valori fondamentali che dovrebbero guidarci?
Proporrei di leggere la bibbia, forse Marx, forse Tommaso D’Aquino, Krishnamurti, UCIM, ma certamente non i libri che spiegano come si ottiene il massimo profitto.
La domanda fondamentale è infatti: qual è lo scopo della vita?
Diventare più umani o produrre di più?
Questa è già la distinzione più importante tra capitale e lavoro. Lavoro è la vita, l’attività viva dell’uomo, capitale è ciò che si è accumulato nel passato. L’opposizione tra lavoro e capitale non è in definitiva come si intende comunemente, il problema dell’interesse di classe, ma l’opposizione tra la vita e le cose. Chi deve determinare la vita? Il capitale? Le cose? Ciò che è morto, accumulato? Oppure il lavoro? Ciò che è vivo? Umano?
È anche l’opposizione tra l’avere e l’essere.
È esattamente la stessa cosa. L’avere è il lavoro accumulato, l’essere è l’attività umana… certo, non un’attività semplicemente tale, come portare delle pietre da un posto all’altro, questa non è un’attività umana.

Cosa vuol dire “essere“?

Essere vivo, interessato, vedere le cose, vedere l’uomo, ascoltare l’uomo, immedesimarsi nel prossimo, sentire se stessi, rendere la vita interessante, fare della vita qualcosa di bello e non di noioso.

Giulia Cataudella
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Re: PAURA DELLA LIBERTA'

Messaggio da Giulia Cataudella » 10 novembre 2021, 21:49

Riflettendo.....
La responsabilità riguardo le nostre azioni ci spaventa...spesso agiamo ma poi non ci sentiamo pronti ad assumerci la responsabilità delle nostre azioni così tanto ci abituiamo alla nostra routine, alla nostra zona di comfort, alla nostra quotidianità fatta di "cose e persone", del cosiddetto conosciuto. Ma soprattutto così tanto ci giudichiamo e critichiamo e rimandiamo all'esterno tutto questo dicendo poi che è colpa della società. Allora cerchiamo spasmodicamente di non cambiare nulla, o anche quando lo facciamo, cerchiamo di mantenere comunque lo stato che conosciamo. Cerchiamo di mantenere quella posizione sociale che è "giusta" (chi lo ha deciso poi non si sa.. ma giusta per chi??? E' giusto soffrire? E' giusto rimanere in uno stato che ti crea ansia, dolore e sofferenza? E' giusto vivere desiderando di essere altrove (magari non sapendo neanche dove, ma altrove)? E' giusto non essere mai veramente felici?
Crediamo spesso che le conseguenze delle nostre azioni siano "dannose o pericolose" solamente perché non abbiamo la certezza di sapere dove ci portano e anche quando sentiamo e sappiamo che ci potrebbero portare esperienze di gioia o a vivere nella gioia, ci freniamo. Mi chiedo il perché? Probabilmente anche se una parte di noi crede che tutto questo sia un'illusione, un'altra è ancora convinta che sia molto più che reale e che ci dobbiamo prendere veramente sul serio..lì finisce la magia, la meraviglia, la gioia della scoperta, degli sguardi rubati, dei sorrisi sinceri, dei giochi innocenti, lì diventa "ormai lo devo fare, è così" ed ecco la routine, ecco la sofferenza, ecco il conflitto, ecco la fine della spontaneità, del vivere la propria Essenza che vuole fondamentalmente gioia e tutto ciò che non è gioia semplicemente ci chiede di lasciarlo andare via..... Ma noi ci crediamo ancora tantissimo che la vita sia questo, responsabilità, sacrificio e sofferenza e qualche attimo di gioia, invece non è così.
Forse perché crediamo che se non ci adattiamo a questo modo di pensare rimaniamo soli? Abbiamo allora paura della solitudine?

La vita invece è veramente un continuo fluire seguendo la corrente della propria Anima (del proprio Sè, seguendo la Voce che ci muove anche quando pensiamo di non udirla)... che ci chiede di sentire questo richiamo alla gioia, alla pace, di viverlo con tutti noi stessi, perché l'esperienza che stiamo scegliendo di vivere è adesso, non ieri o domani, ma in questo preciso istante e non ce ne sarà un'altra uguale..

Giulia

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